La volontà
inchiodata al suolo
accoglie i nostri passi
per la prima volta
lenti e tramanti
sulle mura di un domani incerto.
Siamo liberi
solo di valicare i confini della nostra mente
schiavi in una stanza che sembra nuova
e mai vissuta fino in fondo.
Inerti
non sentiamo più il vento sulla pelle
né l’odore che l’aria trattiene
e muta al suono crudele di questa nuova stagione.
E nascono fiori ugualmente belli
ma sull’uomo
si scatena e prevale
un maledetto male.
Privati del diritto di dire addio
neanche alla morte è concesso il suo requiem finale.
Prigionieri e distanti
condannati silenti
spieghiamo le ali che abbiamo nascosto al mondo
al ritmo di un sogno
tutto nostro.
Sospesi tra l’essere e il passato
nutriamo il futuro
di speranza e progetti
e la mente è scossa
come marea sugli scogli
come raggi di sole
che squarciano l’infinito
nella cornice di un tramonto.
E così lasciamo l’ansia annidarsi
tra le mura di un’anima acerba
piena di cose non dette
riflesse nei giorni mai vissuti.
Il buio non tarda a risucchiare il giorno
che prepotente rinasce
al battesimo dell’alba.
Come una fenice in fiamme
tra le ceneri
noi
in un’estasi di tormentata gloria
torniamo alla vita
cullando l’io indifeso
che arde di certezze e risposte.
E il vuoto fa ancora eco violento al grido dell’imbarazzante silenzio.
Deborah Daniele