Pandemia, Quarantena, contagio, sostantivi che poco hanno a che fare con noi, gente del 2000 inoltrato, roba da libro di storia, da Medio Evo, da pagine Manzoniane, eppure da quando è cominciato questo anno viviamo da reclusi, da stranieri in terra straniera perché questo “invisibile straniero” non l’abbia vinta.
Come naufraghi su un’isola ostile, dobbiamo temere anche chi amiamo per conservare il dono più grande che il Signore ci ha fatto : la salute.
Dopo i primi smarrimenti, ad oltre 30 giorni di reclusione più o meno volontaria, ci siamo tutti organizzati in famiglia, abbiamo, finalmente fatto in casa quei piccoli lavoretti che rimandavamo da sempre, abbiamo imparato di nuovo quei mestieri semplici che erano alla base dell’economia dei nostri nonni: Il mugnaio, con chili e chili di pane da far applaudire i giudici di masterchef; l’idraulico : quell’essere quasi mitologico che quando serve non trovi mai; Il muratore che Leonardo si sarebbe esibito in una standing ovation con applauso a scena aperta; addetti alle pulizie, lavapiatti, contadini, allevatori,il tutto condito da un ritorno dei Social alla loro funzione primaria, quella di avvicinare chi è lontano anche il vicino del palazzo accanto. Come tutti, anche io mi sono trovato in questo mare di dubbio e paura, confinato e con un il futuro, d’un tratto, divenuto il più infido dei nemici.
Ma sono un fortunato, me lo dico spesso, sono un artista e come tale uso il tempo e non mi faccio usare da lui. Ripasso, creo, cerco di riscoprire un mondo che questa frenetica vita, spesso, fa dimenticare: la famiglia.
Voglio passare questo tempo maledicendolo il meno possibile ma sfruttandolo per trarne il maggior vantaggio che può darmi, perché finirà e quando succederà sarà stato tempo guadagnato e non tempo perso.
Pasquale